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domenica 3 maggio 2020

La moda è una scienza esatta?

Fra le molte distrazioni note (tanti film, tanti video, molto Twitter e qualche lettura), compulso news di moda. 
Non perché abbia qualche speranza di rinnovare il guardaroba, ché a stare in casa ormai basta una collezione di tute vecchie e sformate, ma più per una sorta di tributo nostalgico a quel bel momento dell'anno nel quale, rinnovandosi e facendosi bella la natura, ci scopri(v)amo a sognarci nuovi e belli pure noi, almeno negli abiti da indossare.
Passatempi del tempo che fu...
E mentre me ne sto lì a spulciare pagine di moda capito in una notiziola che mi riporta alla questione che provavo ad evitare spulciando pagine di moda (mi sento il gatto che si mangia la coda per passare il tempo).
Eccola:

Le mascherine diventano trendy. "Saranno il feticcio dei prossimi mesi"

Già me l'ero fatta l'idea, vista la mole di video tutorial che girano sul tubo per la produzione di mascherine fatte in casa, quasi si stesse rinnovando il rito forcaiolo delle tricouteses porta sfiga.
Poi, il fatto che vi sia chi sembra aver già incorporato la mascherina, quasi si trattasse delle mutande senza le quali non si esce nel timore di essere nudi, mi pare indichi la brutta china che si sta scendendo.
E vuoi che l'industria della moda non arraffi al volo il business? 
E' già pronto il trikini per l'estate 2020, per dire:
E passi il giocare con l'imposizione dello straccetto da naso anziché chiedersi (o, figuriamoci, ribellarsi) a che diavolo serva indossarlo al mare: il virus si aggirerà fra le onde? Boh...
Incuriosita dalla ributtante notizia linkata sopra l'ho comunque voluta capire meglio. 
Ed ecco come in pochi minuti mi è andato in fumo un pomeriggio passato a scansare certi pensieri disturbanti:

La mascherina viso Gucci di Billie Eilish è il trend 2020

La notizia sopra è del 30 Gennaio 2020.
Il 26 gennaio 2020, quando il lockdown mondiale con la conseguente moda delle mascherine fai da te non era nemmeno nei nostri incubi da eccesso di fritto la sera, questa cantante si è presentata sul palco a ritirare il suo premio con la mascherina firmata Gucci. 
Il 26 Gennaio 2020.
Il primo contagio a Wuhan è del 11 Gennaio. 
La prima vittima è in Thailandia il 13 Gennaio.
Ma i gegni di Gucci già prima del 26 Gennaio avevano in collezione la preziosa mascherina qui sopra: avevano previsto l'obbligo della mascherina e si sono portati avanti?
L'OMS dichiara l'emergenza globale il 30 Gennaio.
Cos'é che non mi qualquadra?  
Vero che l'industria della moda non segue i caproni ma li crea, ma com'é riuscita ad anticipare qualcosa che solo ora ci raccontano girava già da dicembre (ottobre, novembre, chissà da quando, ché trovarne due che siano d'accordo su 'sto virus è un'impresa)?
Cioè, Gucci si era immaginato che la masque sarebbe stata un feticcio indispensabile per uscire la sera mentre ancora al 26 febbraio, cioè un mese dopo, qualcuno ci rassicurava sostenendo che: "Dal coronavirus si guarisce quasi sempre. Ogni giorno che passa diventa più importante ridimensionare l’allarme..."?
Anziché pagare task force di esperti per sapere come spettinarsi il ciuffo per sembrare affaticato forse il Governo dovrebbe consultare degli esperti di moda: mi sa che ne sanno più loro su cosa ne sarà del virus e del nostro futuro di qualunque viru-immu-psico-batt-pincopallogolo.
Insomma, non sarà che la moda è una scienza predittiva più affidabile de LaScienza esatta che non ne imbrocca una? 

P.S. La Collezione Gucci con le maschere era quella Autunno/Inverno 2019/2020. Cioè è stata presentata nel febbraio 2019 la moda che si sarebbe indossata l'inverno successivo, cioè appunto quello 2019/2020.
Quando si dice avere fiuto per le sfere di cristallo...

mercoledì 17 agosto 2016

Costumi estivi

La signora della foto è Annette Kellerman. 
Campionessa di nuoto dei suoi tempi (tentò più volte la traversata della Manica), sua fu l'idea del primo costume intero, quello che vedete, per poter meglio nuotare. All'epoca, 1907, la genialata le costò una denuncia per "indecenza" che la portò quasi in carcere.

Fino ad allora infatti, al mare si andava con abiti lunghi fino alle caviglie, con maniche fino ai polsi, mani protette da guanti e ombrellino parasole. A nessuna donna di fine ottocento sarebbe mai venuto in mente di andare al mare per la tintarella: la pelle scura era considerata roba da miserabili, da povera gente costretta a lavorare sotto il sole per guadagnarsi da vivere.
Una vera signora proteggeva la propria pelle con velette, ombrellini, guanti e abiti accollati, così da mantenerla di un apprezzatissimo bianco latte; e al mare, tutti, ci si andava per fare talasso-terapia, cioè per respirare l'aria di mare e, al più (ma solo se convenientemente nascosti da opportuni tendoni), a fare le allora modernissime sabbiature. Niente bagno: ci si immergeva fino alle caviglie se donne, e a nuotare andavano solo i maschi, a scopo salute ed esibizione di virilità.
Ecco le vere sciùre al mare a fine '800.
Ed ecco invece come le donne più audaci osavano entrare in acqua negli anni '20/30 del secolo scorso: Braccia e polpacci scoperti, già uno scandalo.
La polemica scatenata dal divieto di burkini in alcune spiagge della Costa Azzurra (divieto che pare abbia scatenato mega risse in Corsica), credo non abbia nulla a che vedere con l’ingresso alle spiagge comunali in "...una tenuta corretta, rispettosa dei buoni costumi".
Come pretende il sindaco che per primo ha emesso l'ordinanza.

Questo perché, a dettare legge sugli usi e costumi corretti, è da sempre l'élite; il popolame lo segue a distanza, imitando l'élite e implicitamente accettando l'indottrinamento ai valori che solo l'élite può coniare e diffondere con la trappola della moda. 

Se ancora negli anni '20/'30 ad andare al mare (a fare talasso-terapia, come si diceva), era solo la classe agiata, ovviamente contornata da stuoli di servi e camerieri, oggi che al mare ci va chiunque le élites si riservano delle zone per loro uso esclusivo con il mezzo più efficace: i costi esclusivi.
E se pensate che all'epoca era il riccume a stabilire come ci si vestiva "adeguatamente" nei luoghi di villeggiatura per una questione di segni di appartenenza ai circoli che contavano, oggi è ancora esattamente così: è sempre il riccume dei "nostri costumi civili e occidentali da difendere" a stabilire come ci si debba addobbare per fare un bagno e quali spiagge si possano frequentare in burkini (va bene solo nelle spiagge esotiche, dove si va per pochi giorni e già fa un po' schifo ma pazienza).

Il burkini in Costa Azzurra non viene vietato perché sconcio né perché "anti-igienico" (una delle tante scemenze lette sul caso in questione, basti pensare a quante pipì fanno in mare umani e cani), ma perché l'islamica burkinata che ha osato avventurarsi su spiagge frequentate da chi detta legge sulle "tenute corrette" e sui "buoni costumi" ha sconfinato su due fronti: quello della moda, che oggi in occidente impone il bikini e non più l'abito alla caviglia; e quello territoriale, andando a fare i bagni in Costa Azzurra anziché in Costa Brava o a Sestri Levante, le spiagge per marmaglia dove ci si può mescolare senza danno d'immagine.
Non di questione di libertà della donna o di religione si tratta, come impazzano i commentatori d'oltralpe, ma di addomesticamento culturale:il riccume non si distingue dal poverume, al mare come in ogni altro luogo del pianeta, se non per i feticci di cui si adorna e per i luoghi dei quali decreta il valore recintandoli intorno a sé, per sé. 

Da sempre il riccume fa dell'abito il simbolo che indica in modo chiaro al resto del mondo quali sono i valori correnti a cui ogni altro è fatto obbligo di attenersi per dirsi "corretto".
La moda non è mai stata priva di conseguenze, né sul piano morale né su quello sociale.

Per fare un esempio, intorno alla metà dell' '800 la moda imponeva che gli abiti delle donne rispecchiassero i valori allora ritenuti "adeguati" al loro ruolo nella società.
Essendo la donna allora considerata "l'angelo del focolare", nel senso che la casa era il suo regno e il suo carcere a vita, gli abiti che indossava dovevano trasmettere un'idea di pace domestica, di ineccepibile moralità, di vita vissuta in funzione della futura salvezza spirituale sua e della famiglia, di prudenza nel comportamento e dallo sguardo dolce e timido. 
L'abito era quindi chiuso attorno al collo, aveva maniche lunghe e spalle cadenti mentre le linee del corpo, strette in vita fino a far mancare il respiro se fanciulle da marito, diventavano tondeggianti a indicare l'avvenuta maternità che le consacrava donne sposate, quindi moralmente adeguate. Tutto simboleggiava i valori femminili imperanti quali fragilità, dolcezza e arrendevolezza della donna, idealmente destinata a essere madre, sposa, decoro della casa e quindi del marito. 
Non dissimili dai valori cui si ispira oggi l'islamica in burkini che osa bagnarsi, accollata e coperta come nell'ottocento, nelle stesse acque della riccastra di nuovo conio.
La quale oggi detta la moda dell'aspetto volitivo e affamato stile Birkenau, esibisce una pelle biscottata e raggrinzita da lunghe ore sul lettino e in barca (o, dipende dall'età, diafana e magra al limite della trasparenza), bocca, tette e vagina rifatte per rimpolpare ciò che la fame atavica assottiglia, veste abiti scollacciati e al mare, quando lo indossa, veste bikini invisibili. 
Il modello che ne risulta è un mix fra campo di concentramento e postribolo ai tempi di guerra: il riccastro oggi fa la fame per moda e si sveste per dichiararsi libero di dettare le sue leggi su come ci si veste per dirsi "corretti".
E tutti sono invitati a imitarlo, compresa la burkinata islamica rimasta ai valori femminili di fine ottocento.

Capalbio è una buona metafora di come un luogo e una classe sociale sia più di se stessa grazie ai valori che determina e impone.
Dice Chicco Testa, intervistato da Il Corriere: "...capisco chi, a Capalbio, esprime perplessità nell’accogliere gente che magari sta a soggiornare senza riuscire a fare niente".
E' solo la vecchia regola del padrone e del servo; e non è questione di chi ha i soldi e chi no, è soprattutto questione di segnare distanze fisiche, sociali e "culturali" fra chi comanda (vuoi per denaro, vuoi per appartenenza politica), e chi esegue.
I profughi a Capalbio vanno bene purché lavorino. Chicco Testa a Capalbio ci passa le vacanze ed è infastidito dal fatto che gli giri intorno gente che non fa niente, proprio come lui, però grazie a lui (alle politiche del suo partito).
Il servo d'importazione deve servire e restare invisibile. Alla tavola ci può arrivare solo se adeguatamente vestito da cameriere per sparire subito dopo nelle cucine retrostanti come sguattero.

Quelli che nel secolo scorso andavano al mare vestiti in lungo, con guanti e ombrellino, erano parimenti attorniati da personale di servizio, spesso di colore, vestiti sempre in lungo, e che per ovvie ragioni pratiche non portavano il parasole ma indossavano rigorosamente i guanti per servire in tavola: erano "inferiori", dopotutto, e se si abbronzavano il viso, tanto meglio: diveniva evidente a colpo d'occhio a quale classe appartenevano; ma le mani rozze rovinate dal bucato o dai campi, dovevano scomparire dentro ai guanti quando servivano in tavola, ché al riccastro gli passa l'appetito al pensiero che per sbaglio quelle dita rovinate dal lavoro tocchino il cibo che da servi hanno coltivato e loro da riccastri mangiano a uffa.

Nessuno, né in Costa Azzurra né a Capalbio, avrebbe nulla oggi da ridire se a immergersi, vestite di tutto punto, fossero le mogli dei politici che lì soggiornano: farebbero anzi tendenza e, visto il doppiopesismo imperante, sarebbero molto politically correct

Né avrebbero nulla da ridire in Costa Azzurra se a fare il bagno in burkini fossero le numerose mogli di qualche sceicco arabo, ché i villeggianti le troverebbero forse perfino esotiche ed affascinanti, nei loro burkini vedo/non vedo alla moda i quali, una volta bagnati, le fasciano modellando il sensualissimo corpo senza mai scoprirlo.
Non è detto anzi che di qui a non molto, pur di segnare sempre e ancora la differenza di classe valendosi dei simboli feticcio della moda, le sciùre de Capalbio o quelle della Costa Azzurra non si inventino, man mano che l'islamica migrante si libererà dai sottanoni dell' '800 per adottare costumi da mare occidentali seminudi, di lanciare la moda di entrare loro in acqua in modaiolissimi burkini firmati, così da segnare sempre quel punto di differenza che serve a indicare chi comanda in base all'abito/costume più alla moda che indossa.
Come nell'ottocento, il problema burkini può essere poi facilmente risolto stabilendo zone di mare solo per le islamiche : sembrerà a tutti il riconoscimento di un diritto e nessuno vi vedrebbe invece la riedizione della vecchia distinzione fra i bagni dove si immergeva a fine Ottocento la padrona e quelli dove poteva (per gentile concessione), immergersi la serva nelle ore in cui non era di servizio, ché il diritto a non fare un cazzo in costume da bagno eppur a dettar legge, si acquisisce ereditando un capitale o sposandone uno.


 

P.S.
La più bella è l'ultima: "...anche il primo ministro Manuel Valls si schiera contro l’uso dell’indumento, definito “incompatibile con i valori della Francia. Il burkini, dice Valls, non è un costume da bagno ma “l’espressione di un’ideologia basata sull’asservimento della donna”.
Vero. 
I "valori della Francia", per quanto riguarda mare e tintarella, li rivoluzionò Coco Chanel, francese, nata povera e diventata ricca vestendo i ricchi, nel 1920.
Fu lei a decretare che l'abbronzatura non era più un tabù e che propose per prima i costumi da bagno aderenti, più sfiancati e corti, con una sorta di gonnellina a metà coscia, smanicati e leggermente scollati sia davanti che sul dorso. Le prime a indossarli, manco farlo apposta, furono le sciùre francesi che se li potevano permettere.
Intanto, dal 1946 e fino al 1958, gli Stati Uniti continuarono a fare esperimenti di detonazioni di bombe nucleari sulle Isole Marshall, dove si trova l'atollo Bikini. 
Da lì in poi, al mare ci si va in bikini. Made U.S.A. 
Ma essendo la France di De Gaulle tramontata e la Francia rientrata nella Nato, grazie a Sarkozy, oggi Manuel Valls può ben dire che non il burkini rappresenta i valori della Francia, ma il bikini. 
I "valori della Francia" di oggi, sono Made (by bombs) in Usa.
Statunitense!