- salute
- casa
- formazione
Nel dettaglio, il piano “prevede veri e propri percorsi d’inclusione sociale e integrazione di lungo respiro, con l’obiettivo finale di raggiungere l’autonomia personale”.
Autonomia personale. Loro.
Noi invece possiamo continuare a passare la corda sul gancio del garage.
La Svezia, con organizzazione burocratica, soldi e un welfare ritenuto fra i migliori in Europa, aveva in origine un piano di "inclusione" perfino più ambizioso di quello di Minniti, ma pare che il nostro non abbia nemmeno dato un'occhiata a come è andata a finire lì, l'integrazione.
In un pezzo del 2016 Panorama scriveva, riferendosi al sistema di accoglienza svedese, prima di riscontrarne l'attuale fallimento:
...nessun Paese europeo può vantare un sistema di accoglienza così efficiente ed equo come quello che ha messo in piedi lo Stato svedese tramite lo Swedish Migration Board.Ai migranti ai quali viene riconosciuto lo status di rifugiati vengono normalmente concessi permessi di soggiorno illimitati, dopo una verifica che può durare al massimo sei mesi, contro i due anni dell'Italia e della Spagna. Al migrante che fa richiesta di asilo viene concesso altresì dopo aver presentato la domanda - e in attesa della risposta dello Swedish Migration Board - non solo un alloggio in condivisione, ma anche un conto e una carta di credito per coprire le spese per il cibo, i vestiti, l’igiene personale o qualunque altra esigenza personale.Insomma, partito con le migliori intenzioni, sul tema accoglienza ha dovuto da tempo fare marcia indietro e, a luglio di quest'anno, 2017, si ritrova con migliaia di immigrati i quali, usciti dal programma di "inclusione", non rimpatriabili per via dei costi, e di fatto clandestini, vivono di lavoro nero (con danno erariale e sul mercato del lavoro) in quartieri dove l'unica legge è la Sharìa e dove nemmeno la polizia mette più piede.
- Casa
In alcuni rapidi passaggi dell'intervista ad Alessio Lasta linkata sopra, si prova a far ricadere il problema della mancata integrazione e degli attuali ghetti islamici radicali svedesi, sulla questione degli alloggi popolari relegati in periferia.
Idea che, pur se meramente teorica, condividerei al 100%, non fosse che il centro è notoriamente destinato al turismo chic, e quindi al decoro, pertanto gli immigrati finiscono tutti a vivere in condomini di periferia dove già vivono italiani di periferia con reddito indecente.
La realtà è che gli unici immigrati che si possono permettere di abitare in un normale condominio in centro, sono persone che abitano già da tempo nel paese, e hanno per lo più una qualche professione dignitosa che fa di loro dei perfetti integrati e, in quanto tali, non hanno alcuna necessità del piano Minniti.
Gli altri, quelli tirati su con le reti a strascico nel Mediterraneo, vengono invece alloggiati proprio lì dove la miseria italiana già paga pegno.
Quando Minniti parla di rendere "...territorialmente omogenea l’erogazione di servizi e sviluppando standard minimi per l’accesso ai servizi abitativi; di creare le condizioni perché i piani per l’emergenza abitativa...", temo intenda solo istituzionalizzare quanto già avviene, cioè il far entrare nelle graduatorie per le case popolari immigrati scesi dal barcone l'altro ieri.
Cosa sulla quale, se l'immigrato è un vero profugo, ha pieno diritto, sia chiaro, ma non ha privilegio: si accomodi in coda alla fila come tutti e non la salti (o non gliela si faccia saltare), sempre per via del razzismo all'incontrario.
Il tema casa di Minniti, consolidando l'attuale prassi che discrimina gli italiani poveri per favorire i poveri migranti, temo invece non farà che aumentare il conflitto sul problema della casa, già assicurato proprio dal quel perfido fare distinzioni burocratiche in base alla nazionalità della povertà.
- Formazione
Parla di riconoscimento dei titoli equivalenti dell'immigrato, oltre che di percorsi di studio della lingua (e si spera anche di cultura generale e educazione civica).
Il che mi pare sensato: più o meno, in un mondo globalizzato, così dovrebbe essere.
Tranne che Minniti ci dovrà poi spiegare perché mai il mio titolo di studio non ha alcun valore nei paesi di provenienza dei "profughi" e, per alcuni titoli di studio, non ne ha nemmeno in parecchi paesi europei (penso ai molti esami che devono sostenere ad esempio gli infermieri professionali che vogliano lavorare all'estero mantenendo il proprio livello di professionalità).
In ogni caso, andrà chiarito che il migrante può esercitare la professione che già conosce purché a parità di condizioni, quelle previste dalla legge italiana per gli italiani sul mercato del lavoro.
Intendo: se un afghano sa fare il meccanico, è più che giusto che possa avere un'opportunità facendo il meccanico in Italia. O il medico, o quel che sa e vuole fare.
A patto però che non intervengano le mefitiche cooperative pronte a piazzare lavoratori "da inserire" in aziende compiacenti promettendo a chi li assume di poterli avere a metà prezzo, come sta già succedendo (e non solo in Veneto).
- Sanità
Il fatto che Minniti sottolinei di voler garantire agli immigrati i servizi sanitari è per me motivo di allarme: perché, fin qui li abbiamo lasciati morire sui bordi delle strade?
Forse non vengono già garantiti loro cure sanitarie e ricoveri come a chiunque altro stia male?
O forse, e qui riconosco la mia perfidia, magari intende dire che per gli immigrati "integrati" niente vessatori ticket (ma agli italiani in miseria invece sì, anche se con Isee da fame) e niente code di prenotazione esami a distanza di mesi e mesi?
Corsie preferenziali per non discriminare il "diverso" così che siano discriminati tutti gli altri, tanto anche se si lamentano che possono mai fare gli italiani contro decisioni che si impongono loro per forza di legge?
Non saprei cos'altro intenda, visto che garantire la sanità mi pare una gran banalità, in un contesto in cui già oggi hanno tutta l'assistenza sanitaria di cui necessitano.
Su tutto, comunque, stupisce che prima Minniti non abbia preso almeno qualche appunto sull'esperienza svedese, così da risparmiarci un piano di "inclusione" che si preannuncia come un destino ormai dato per certo: non siamo infatti più al "se", accogliere gli immigrati o no, o al "se" andarli o meno a prendere col "taxi" fin sotto costa.
Siamo al come.
E il come non è solo il piano di Minniti, è già un come alla svedese.
E di passo in passo, con questo piano Minniti ci conferma che nel giro di un paio d'anni, mentre a noi non sono ormai più concesse nemmeno le proteste ché hanno già pronte accuse di razzismo quando non di fascismo, siamo alla fase finale del programma rimpiazzo.
Di qui, al motto mussoliniano del titolo: "Noi tireremo dritto".
E dritto tirano, come nel peggior fascismo che non so ormai fare a meno di addebitare nei fatti a tutti gli ultimi governi ma in particolare a quest'ultimo, quello che ci rintrona sulle fake news, sull'hate speech e sul ritorno del fascismo così da distrarci su puttanate mentre ci fa ingollare l'olio di ricino metaforico facendocelo andare giù con i manganelli mediatici.
*cit. mussoliniana
il link al pezzo di Lasta non funziona
RispondiEliminaSistemato. Grazie per la segnalazione...
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