L’11 maggio 1933 i giornali riportarono la notizia del grande falò di Berlino nel quale erano stati arsi i libri di tutti gli autori ebrei e di molti autori non ebrei, ma antinazisti. La manifestazione nazista, conclusa con un discorso di Goebbels, si era svolta secondo un rituale: prima di buttare nel fuoco i libri di un autore o di un gruppo di autori veniva fatta - da uno studente o da un membro delle SA - una specifica, una dichiarazione. Quella che precedette il rogo dei libri di Freud proclamava:
“Contro l’esaltazione della vita sessuale distruttrice dell’anima - e in nome della nobiltà dello spirito umano - offro alle fiamme gli scritti di un tale Sigmund Freud”.
In ottobre Freud scriveva a Zweig (Arnold n.d.b.):
“Ho avuto una trombosi coronarica, ma sono ancora vivo…”
Nel dicembre del 1937 Freud aveva scritto:
“Il governo è cambiato, ma la gente è la stessa, totalmente all’unisono con i fratelli del Reich nel culto dell’antisemitismo. Ci stringono sempre più alla gola, anche se ancora non ci strangolano”
L’11 maggio 1938 Freud scrisse nel diario:
“Finis Austriae. Il 13 Anschluss alla Germania. Il giorno dopo Hitler a Vienna”.
Roth, in La Cripta dei cappuccini, narra che l’ultimo dei Trotta, quando i nazisti arrivano a Vienna, si rifugia tra le tombe della famosa cripta imperiale alla ricerca di una pace che sia l’ultimo momento di una fuga senza fine.
Se ai tedeschi furono necessari cinque anni, agli austriaci bastarono cinque giorni per diventare altrettanto fanatici e violenti.
Scrive Carl Zuckmayer che era casualmente a Vienna in quei giorni:
“L’inferno ha aperto le sue porte e ha dato via libera ai suoi spiriti più bassi, più ributtanti e più impuri. La città si è trasformata in un incubo, in una visione degna di Hieronymus Bosch, e l’aria è piena delle grida incessanti, selvagge, isteriche di uomini e donne. Tutti costoro non hanno più faccia, assomigliano piuttosto a ceffi stravolti: alcuni dall’ansia, altri dalla delusione, altri ancora da un trionfo selvaggio e pieno d’odio”.
Le scene di violenza e brutalità nei confronti degli ebrei durarono giorni e giorni. Molti furono assassinati. Altri, come Egon Friedell, alla vista dei nemici, si buttarono dalla finestra. Nella primavera ben cinquecento ebrei austriaci scelsero il suicidio.
In casa Freud la polizia fece irruzione più volte. Non toccarono il vecchio professore, ma Martin fu convocato ripetutamente al quartiere generale della Gestapo e Anna fu arrestata e trattenuta per un intero giorno. Al suo ritorno a sera esplose l’angoscia della famiglia. Nel diario Freud scrisse solo: “Anna bei Gestapo”. In un primo tempo resistette alle pressioni di coloro che volevano emigrasse: vecchio e malato, voleva morire a Vienna. Alla fine le pressioni di amici e conoscenti prevalsero: arrivò la notizia che Londra aveva dato il permesso, ma passò tutto il mese di aprile perché il visto di espatrio fosse concesso.
Prima di partire gli fu intimato di firmare una dichiarazione in cui, secondo Jones (neurologo e biografo di Freud), era scritto:
“Io, il prof. Freud, qui dichiaro che dopo l’annessione dell’Austria al Reich tedesco sono stato trattato dalle autorità tedesche e in particolare dalla Gestapo con tutto il rispetto e la considerazione dovuti alla mia fama di scienziato, che ho potuto vivere e lavorare in piena libertà, che ho potuto continuare a svolgere le mie attività nel modo che più desideravo, che da questo punto di vista ho trovato pieno appoggio di persone interessate e che non ho il minimo motivo di lamentarmi”.
Firmò il testo che gli era stato preparato e chiese di aggiungere una frase:
“Posso vivamente raccomandare la Gestapo a chicchessia”
- Da La Grande Vienna ebraica - di Riccardo Calimani - Bollati Boringhieri - 2020
Quando non resta più una sola possibilità di intendersi col nemico, l'ironia può ancora colpirlo senza che se ne avveda.
La violenza del potere è stupida per definizione, per questo è impossibile sperare di salvarsi dalla tirannia in altro modo che con la fuga.
Pochi ma sempre buoni. I post. Bunano!
RispondiEliminaBunano!
EliminaSe i fanatici avessero avuto un po' di autoironia non sarebbero diventati tali!
RispondiEliminaBuon anno!
Può un fanatico avere autoironia?
EliminaBuon anno!
Sorprendente scoprire che la Gestapo ci teneva alle buone referenze e che tutelava il suo buon operato predisponendo dei testi da far firmare ai personaggi di una certa fama internazionale costretti all'esilio forzato per salvare la pelle. Dei sentimentali...
RispondiEliminaMa infatti. A quel che ne so fin qui, mi pare che l'unico cui delle "buone referenze" non fregava nulla fosse Gengis Khan. E nessuno che gliene voglia dare merito...
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